Breve introduzione
Voglio condividere con voi dei pensieri e delle riflessioni da quella che sta diventando la mia personale “Bibbia del pianista”.
Rabbrividisco al solo pensiero delle letture e dei materiali disponibili di cui non sono neanche a conoscenza, ma sono davvero contenta che questo piccolo volumetto blu abbia catturato la mia attenzione in libreria.
Il libro in questione è di Heinrich Neuhaus, grande pianista e didatta,e s’intitola L’arte del pianoforte.
Sto preparando un’esecuzione per un evento e la tesi del biennio di pianoforte, quindi ho davvero pochissimo tempo, ma proverò a condividere con voi una piccola “pillola” di questo libro ogni giorno…una “cura” per ogni pianista e musicista. Cominciamo.
Pillola n.1
«Il vero segreto del musicista talentuoso e geniale consiste nel fatto che nel suo cervello la musica vive una sua piena vita ancor prima che egli tocchi un tasto o sfiori la corda dell’arco.»
H. Neuhaus
Si potrebbe parlare a lungo riguardo a questo argomento. Quali sono le sfaccettature di questa affermazione? A me ne vengono in mente alcune…
Una volta mi trovai a parlare con un collega riguardo la buona abitudine di “studiare gli spartiti” prima di iniziare a suonare. Io in realtà non lo facevo molto spesso prima. La mia prima insegnante di pianoforte mi aveva sempre detto di mettermi anche in poltrona a leggere lo spartito (ero ancora una bimba) ma non ne avevo mai capito a fondo il significato. Ne facevo solo una questione di velocità di lettura delle note o di memorizzazione, ma mi sbagliavo.
Qualche anno dopo, suonavo per accompagnare il coro in chiesa e capitava spessissimo che durante la messa mi dessero degli spartiti che non avevo MAI visto. In quelle occasioni poco ci mancava che mi facessi prendere dal panico, ma sfruttavo tutti i minuti in cui non suonavo per leggere lo spartito: nella mia testa lo suonavo lentamente, immaginavo le mani muoversi sulla tastiera, ripetevo lentamente per alcune volte i passaggi che già mentalmente mi creavano qualche problema a livello meccanico e cercavo di “sentire” mentalmente il suono di quei pallini neri che mi fissavano beffardi. In queste occasioni alla fine andava sempre tutto alla grande, ma io ancora non avevo capito l’importanza dell’operazione che facevo in quei minuti rubati quà e là.
Questo mi sembra il primo risvolto “tecnico”, pragmatico, dell’affermazione. Se la musica si è già rivelata a te nella mente, se l’hai vista, l’hai immaginata e hai provato a suonarla con la sola immaginazione, quando ti siederai al pianoforte sarà come se il pezzo l’avessi già suonato altre volte. Avrai inoltre il vantaggio di non aver memorizzato degli errori e di esserti reso conto di tutti i segni di dinamica o di agogica presenti intorno al pentagramma.
Sedersi al pianoforte senza aver mai neanche dato uno sguardo superficiale a quello che si andrà a suonare non è di nessuna utilità. Vi posso assicurare che ad un livello medio, dopo aver studiato lo spartito per un po’ quando ci si siede al pianoforte si possono ottenere risultati migliori di quelli che si ottengono dopo 3-4 giorni di studio del pezzo direttamente allo strumento.
Il collega di cui vi parlavo all’inizio era uno dei migliori del conservatorio e durante le ore in cui non avevamo lezione e non c’erano pianoforti disponibili per esercitarsi lo potevi trovare in una delle aule senza strumento, seduto a un banco con uno spartito sotto gli occhi, assorto e concentrato e con le mani che suonavano nell’aria..
Ho un altra considerazione da fare sull’argomento, ma l’orologio mi dice che è ora di andare al pianoforte. Ve ne parlerò domani…