La piccola cantante viennese


Vienna, Austria, 4 Gennaio 2018

È la prima sera a Vienna. Siamo arrivati da non più di un paio d’ore e la città mi ha già colpito molto. Le strade sono pulite, ampie e luminose nonostante la giornata grigia; i palazzi sono tutti molto belli, ogni angolo è ricco di storia; il primo parco che abbiamo incontrato lungo la strada era ben organizzato e pieno di vita. Era Stadtpark. Mi colpisce subito la buffa disposizione delle panchine che sono messe in fila una accanto all’altra per i viali. Sono almeno una dozzina, e dopo un tratto ve ne sono delle altre posizionate allo stesso modo. L’impatto visivo è bizzarro, ma deve essere utile visto che nel mio piccolo paese si deve fare a gare per avere un posticino libero su una panchina! Questa città ha già catturato il mio interesse.

Forse lo stile, l’impatto visivo anzi, me la fa frettolosamente classificare appena un filino al di sotto di Parigi che appare un po’ più scintillante con le sue orlature dorate dei palazzi, con le tipiche facciate in legno di ‘bistrot’ e piccoli negozi e un fascino che non si sa da di preciso da dove venga sprigionato, ma ci sono cose che mi sembra  non reggano il confronto. E alla fine di questa breve vacanza posso dire di non essermi sbagliata. Ma arriviamo a ciò che di questa città mi ha fatto scaldare il cuore.

Vienna è la capitale della musica.

Silenzio.

Assorbite queste parole.

Perchè davvero Vienna è stata il cuore pulsante di quasi tutta la musica ‘colta’ occidentale. E non solo lo è stata, ma sembra continuare ad esserlo. Sale da concerto e teatri ovunque. Cinque minuti dopo essere usciti dalla stazione siamo arrivati a Stadtpark, un grazioso parco in cui come prima cosa mi sono imbattuta in un volto molto familiare: ero faccia a faccia con una bella statua in pietra di Franz Peter Schubert.

Continuando la passeggiata nel parco abbiamo incontrato altri artisti più o meno noti, fino ad arrivare ad una statua dorata tenuta sicuramente in gran conto visto che intorno vi è costruito una specie di monumento. Questa volta si trattava di Johann Strauss e a pochi metri da lui si ergeva una bellissima costruzione: il Kursalon Wien. Di cosa si tratta? Ovviamente di una sala da concerto!

Passeggiando per la città e i dintorni non ricordo di aver visto una sola loncandina di un qualche film se non appena fuori da un cinema, ma in ogni galleria, in ogni spazio pubblicitario, ad ogni incrocio e forse financo in metropolitana si possono trovare locandine di concerti o di spettacoli teatrali. È evidente che qui la ‘musica classica’ è viva. Se le persone non andassero a teatro non ci sarebbe tutta questa offerta e se fossero solo spettacoli dedicati ai turisti non ci sarebbe la varietà che invece c’è.

Il punto focale di questa prima sera a Vienna si trova in una via nelle immediate vicinanza di Stephansplatz. Eravano giunti all’immensa cattedrale gotica dedicata proprio a Santo Stefano. Questa costruzione toglie il fiato per la sua maestosità e riempie l’enorme piazza. L’interno è ancora più sconvolgente, proprio con la definizione che ne da il vocabolario Treccani «Severo e solenne insieme, tale da ispirare riverenza o stupefatta ammirazione». Vorremmo restare ad ammirare questo spettacolo a lungo, ma sentiamo la città pulsare intorno a noi e la curiosità è un ospite avido.

Usciti dalla cattedrale proseguiamo il nostro giro sul Graben, la passeggiata principale ancora riccamente illuminata per le festività. Le decorazioni natalizie qui sono grandi ma mai pacchiane. Non siamo ancora arrivati alla Wiener Pestsäule, la grande colonna in stile barocco austriaco , che un capannello di persone attira la nostra attenzione.

Al centro una cantante, una ragazza giovane, credo potesse avere all’incirca la mia stessa età. Tutta infagottata per resistere al freddo viennese era in grado di catturare l’attenzione della gente come se potesse sfuttare un qualche potere magnetico. Non era molto grande di statura, non aveva una presenza di quelle che fanno destare l’attenzione al primo sguardo, ma non appena iniziava a cantare era in grado di rapire i cuori di chi l’ascoltava. Era supportata solo da un piccola cassa bluetooth collegata al cellulare che le faceva da accompagnamento musicale. Un sostegno molto esile quindi, la bravura era tutta la sua. Cantava arie d’opera perlopiù, ma anche alcuni successi del nostro Andrea Bocelli. Alcuni erano completamente rapiti e assorti, qualcun altro era trasportato a cantare con lei quasi come in un duetto ma veniva presto zittito dai presenti che non volevano ascoltare che lei. Nessuno si asteneva poi dal lasciare un piccolo compenso per il gradito intrattenimento.

Stando così le cose, come si fa a considerare a livello inferiore gli artisti di strada? Perchè il pregiudizio permea le nostre giornate e le nostre vite? A mio avviso quella esecuzione non aveva per il cuore nulla di meno di una performance che si potrebbe ascoltare in un grande teatro.

Viva la musica che scalda il cuore, in ogni sua forma, in ogni suo luogo.